1.1.1.2.1 Breve storia della macchina a vapore

La macchina di Newcomen, sostanzialmente la prima applicazione del vapore ad un processo industriale, è una pompa a pistone azionata da un motore a vapore a condensazione interna.
Essa fu protagonista della prima rivoluzione industriale, in quanto appunto primo esempio di applicazione dell'energia trasmissibile con il vapore, ossia della trasformazione di energia chimica in energia meccanica. Costituita sostanzialmente da una pompa a pistone, azionata da un motore a vapore a condensazione interna, essa fu protagonista della prima rivoluzione industriale, in quanto primo esempio di applicazione dell'energia trasmissibile con il vapore, ovvero della trasformazione di energia chimica (data dalla ossidazione combustiva del carbonio con ossigeno) in energia meccanica.
A causa della loro scarsa efficienza, i primi dispositivi azionati dal vapore ebbero scarso successo. Si dovette aspettare il 1782 - quasi ottant'anni dopo - per la Macchina a Vapore che avrebbe cambiato la storia.
James Watt, un ingegnere inglese, si chiedeva come si potesse aggirare il problema dei continui cicli di riscaldamento-raffreddamento dei recipienti delle Macchine a Vapore di Savery e Newcomen. In effetti era proprio a questi cicli che si doveva la scarsa efficienza dei  congegni inventati fino ad allora. Ricordiamo però che il raffreddamento del recipiente serviva solamente a far condensare il vapore al suo interno. Watt osservò che non vi era alcuna necessità di far condensare il vapore nello stesso recipiente in cui veniva scaldato. Costruì quindi una macchina che comprendeva due camere collegate fra loro: una destinata a formare il vapore acqueo portando l'acqua ad ebollizione e una seconda destinata alla condensazione di quest'ultimo. In questo modo la camera di ebollizione poteva rimanere calda, mentre non vi era più alcuna necessità di scaldare la camera di condensazione!
Nel 1782, Watt trasformò la sua macchina in una a doppio effetto. Nelle macchine a vapore a doppio effetto, è stata eliminata la corsa passiva, essendo il pistone spinto in entrambe le direzioni. A parità di cilindrata, quindi, si ottiene doppia potenza. Per risparmiare ulteriore carbone il vapore poteva essere immesso solo per una frazione della corsa del pistone. La macchina a doppio effetto è più complicata, ma indispensabile per lo sviluppo delle ferrovie che avevano bisogno di motori potenti, leggeri e poco ingombranti. Nel 1787, per rendere costante la velocità delle macchine, Watt adottò il regolatore centrifugo (già usato in precedenza nei mulini a vento), che adesso porta il suo nome.


LA LOCOMOTIVA DI TREVITHICK
Il successivo importante sviluppo della macchina a vapore fu l'introduzione dei motori senza condensatore, il cui principio era stato intuito ma non realizzato da Watt. All'inizio del XIX secolo il britannico Richard Trevithick e lo statunitense Oliver Evans concepirono ottimi motori senza condensatore che impiegavano vapore ad alta pressione. Trevithick utilizzò questo tipo di macchina per azionare la prima locomotiva della storia.

La macchina a vapore, motore della rivoluzione industriale e base del progresso tecnologico moderno utilizza energia termica per produrre lavoro meccanico. Il ciclo di una macchina a doppio effetto ha inizio con il passaggio dell’acqua da un serbatoio in una serpentina nella quale viene riscaldata. Il vapore generato passa per una rete di tubature ed entra nel cilindro attraverso il tubo di immissione del vapore. Nel cilindro spinge lo stantuffo da un estremo all’altro, a questo punto il meccanismo di distribuzione cambia di posizione e perciò il vapore d’acqua dilatato viene scaricato mentre il nuovo vapore proveniente dalla caldaia spinge lo stantuffo in senso contrario. La continuità di questo ciclo è favorita dall’inerzia di un volano. Il movimento lineare dello stantuffo nel cilindro si trasforma in questa maniera in un movimento circolare adatto alla propulsione di mezzi di trasporto come i treni a vapore.
Questo carro veniva trainato da due possenti cavalli. Questo tipo di macchina da incendio alleviava la fatica di decine di pompieri. Per mantenere costantemente la pressione di vapore al minimo l’accensione della caldaia e la regolazione dei manometri veniva costantemente sorvegliata dal suo conduttore e dal fuochista. Lungo il tragitto verso l’incendio il fuochista provvedeva ad alzare la pressione ai valori di esercizio di circa 8-10 atm, raggiunti in circa 10 min. Capace di una forza di 40 hp era in grado di erogare 1559 lt acqua al minuto.
Nel video invece la rappresentazione del funzionamento della macchina alternativa a vapore con uno spaccato di modellino

LA MACCHINA A TRIPLICE ESPANSIONE

A partire dalla seconda metà del 1800 la quasi totalità dei motori a vapore ha utilizzato due, tre e anche quattro cilindri in serie nei motori a doppia espansione e tripla espansione, (vedi immagine); i diversi stadi lavorano con pressioni di vapore decrescenti in modo da sfruttare meglio la pressione degli scarichi degli stadi precedenti, che contengono ancora una certa potenza. In particolare, la soluzione a tripla espansione fu quella universalmente adottata da tutte le navi della seconda metà dell'800 e dei primi anni del '900.

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