La
macchina di Newcomen, sostanzialmente la prima applicazione del vapore ad un
processo industriale, è una pompa a pistone azionata da un motore a vapore a
condensazione interna.
Essa
fu protagonista della prima rivoluzione industriale, in quanto appunto primo
esempio di applicazione dell'energia trasmissibile con il vapore, ossia della
trasformazione di energia chimica in energia meccanica. Costituita
sostanzialmente da una pompa a pistone, azionata da un motore a vapore a
condensazione interna, essa fu protagonista della prima rivoluzione
industriale, in quanto primo esempio di applicazione dell'energia trasmissibile
con il vapore, ovvero della trasformazione di energia chimica (data
dalla ossidazione combustiva del carbonio con ossigeno) in energia meccanica.
A
causa della loro scarsa efficienza, i primi dispositivi azionati dal vapore
ebbero scarso successo. Si dovette aspettare il 1782 - quasi ottant'anni dopo -
per la Macchina a Vapore che avrebbe cambiato la storia.
James
Watt, un ingegnere inglese, si chiedeva come si potesse aggirare il
problema dei continui cicli di riscaldamento-raffreddamento dei recipienti
delle Macchine a Vapore di Savery e Newcomen. In
effetti era proprio a questi cicli che si doveva la scarsa efficienza dei
congegni inventati fino ad allora. Ricordiamo però che il raffreddamento del
recipiente serviva solamente a far condensare il vapore al suo interno. Watt
osservò che non vi era alcuna necessità di far condensare il vapore nello
stesso recipiente in cui veniva scaldato. Costruì quindi una macchina che
comprendeva due camere collegate fra loro: una destinata a formare il vapore
acqueo portando l'acqua ad ebollizione e una seconda destinata alla
condensazione di quest'ultimo. In questo modo la camera di ebollizione poteva
rimanere calda, mentre non vi era più alcuna necessità di scaldare la camera di
condensazione!
Nel
1782, Watt trasformò la sua macchina in una a doppio effetto. Nelle macchine a
vapore a doppio effetto, è stata eliminata la corsa passiva, essendo il pistone
spinto in entrambe le direzioni. A parità di cilindrata, quindi, si ottiene
doppia potenza. Per risparmiare ulteriore carbone il vapore poteva essere
immesso solo per una frazione della corsa del pistone. La macchina a doppio
effetto è più complicata, ma indispensabile per lo sviluppo delle ferrovie che
avevano bisogno di motori potenti, leggeri e poco ingombranti. Nel 1787, per
rendere costante la velocità delle macchine, Watt adottò il regolatore
centrifugo (già usato in precedenza nei mulini a vento), che adesso porta
il suo nome.
LA LOCOMOTIVA DI TREVITHICK
Il
successivo importante sviluppo della macchina a vapore fu l'introduzione dei
motori senza condensatore, il cui principio era stato intuito ma non realizzato
da Watt. All'inizio del XIX secolo il britannico Richard Trevithick e lo
statunitense Oliver Evans concepirono ottimi motori senza condensatore che
impiegavano vapore ad alta pressione. Trevithick utilizzò questo tipo di
macchina per azionare la prima locomotiva della storia.
La
macchina a vapore, motore della rivoluzione industriale e base del progresso
tecnologico moderno utilizza energia termica per produrre lavoro meccanico. Il
ciclo di una macchina a doppio effetto ha inizio con il passaggio dell’acqua da
un serbatoio in una serpentina nella quale viene riscaldata. Il vapore generato
passa per una rete di tubature ed entra nel cilindro attraverso il tubo di
immissione del vapore. Nel cilindro spinge lo stantuffo da un estremo
all’altro, a questo punto il meccanismo di distribuzione cambia di posizione e
perciò il vapore d’acqua dilatato viene scaricato mentre il nuovo vapore
proveniente dalla caldaia spinge lo stantuffo in senso contrario. La continuità
di questo ciclo è favorita dall’inerzia di un volano. Il movimento lineare
dello stantuffo nel cilindro si trasforma in questa maniera in un movimento
circolare adatto alla propulsione di mezzi di trasporto come i treni a vapore.
Questo
carro veniva trainato da due possenti cavalli. Questo tipo di macchina da
incendio alleviava la fatica di decine di pompieri. Per mantenere costantemente
la pressione di vapore al minimo l’accensione della caldaia e la regolazione
dei manometri veniva costantemente sorvegliata dal suo conduttore e dal
fuochista. Lungo il tragitto verso l’incendio il fuochista provvedeva ad alzare
la pressione ai valori di esercizio di circa 8-10 atm, raggiunti in circa 10
min. Capace di una forza di 40 hp era in grado di erogare 1559 lt acqua al
minuto.
Nel
video invece la rappresentazione del funzionamento della macchina alternativa a
vapore con uno spaccato di modellino
LA MACCHINA A TRIPLICE ESPANSIONE
A partire dalla seconda metà del 1800 la
quasi totalità dei motori a vapore ha utilizzato due, tre e anche quattro
cilindri in serie nei motori a doppia espansione e tripla espansione, (vedi
immagine); i diversi stadi lavorano con pressioni di vapore decrescenti in modo
da sfruttare meglio la pressione degli scarichi degli stadi precedenti, che
contengono ancora una certa potenza. In particolare, la soluzione a tripla
espansione fu quella universalmente adottata da tutte le navi della seconda
metà dell'800 e dei primi anni del '900.
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